venerdì 23 febbraio 2018

"Il Fascismo Finanziario"

Il Fascismo Finanziario

Ieri il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, ha ufficialmente dichiarato: “sono preoccupato per l'esito delle elezioni italiane. Dobbiamo prepararci allo scenario peggiore, cioè un governo non operativo in Italia. E' possibile una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo, ci prepariamo a questo scenario.” (fonte: Ansa, Corriere della Sera, Il Giornale, La Repubblica, ecc.)
Innanzi tutto vorrei ricordare chi è questo Jean Claude Juncker. Prima di svolgere l'attuale incarico di Presidente della Commissione Europea, cioè il formidabile strumento creato dalla élite di potere per decidere sulle sorti dei vari Paesi dell'unione, è stato primo ministro del Lussemburgo, Stato noto per essere ancora un paradiso fiscale per le grandi multinazionali, e soprattutto governatore delle due istituzioni finanziarie responsabili negli ultimi decenni di aver inquinato l'equilibrio sociale ed economico di tante nazioni; mi riferisco alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale di cui descrissi alcuni nefasti interventi a danno di interi popoli nel mio romanzo “Da Servo a Padrone”.
Jean Claude Juncker è il classico tecnocrate banchiere, parte integrante della casta privilegiata che da anni tiene al guinzaglio i vari governi italiani.
Detto questo mi soffermo sulla frase sopra riportata dagli organi di stampa tralasciando quella “correttiva” e “ipocrita” rilasciata alcune ore dopo (“qualunque sia il risultato, sono fiducioso che avremo un governo che ci assicura che l'Italia rimanga un attore centrale dell'Europa.”).
Il sacerdote del dio denaro Jean Claude Juncker non ha fatto altro che confermare quanto le decisioni sul futuro del popolo italiano siano soggette all'esclusivo volere della classe elitaria rappresentata da grandi banchieri internazionali. Assistiamo alla minaccia estorsiva: “E' possibile una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo, ci prepariamo a questo scenario” che tradotto nella lingua dei tecnocrati-banchieri significa: il prossimo governo italiano si dovrà piegare, come di consueto, alle istruzioni della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea (leggasi Berlino e Parigi, centri di coordinamento del potere finanziario europeo) altrimenti metteremo in azioni le leve del “mercato” per fargli capire che la sua funzione è soltanto di essere uno “yes man”, uno strumento docile e servile sempre pronto a ubbidire ai comandi del padrone. Già, il “mercato”; questa espressione mistica governatrice di ogni cosa nel mondo che identifica il luogo sacro di qualsiasi scambio. Ma la domanda è: il mercato ha una vita propria e indipendente o è solo una maschera occultatrice?
La risposta è nella storia dei fatti e nella semplice logica; il “mercato” si nutre di potere assorbendolo dallo Stato e spostandolo verso i banchieri e relativi alleati-sudditi. Ed è questa l'esperienza specifica dell'unione monetaria con l'avvento dell'euro. Il “mercato” non è altro che il volante dell'auto guidata da chi veramente ci domina. Jean Claude Juncker con la sua frase ha voluto affermare il principio della classe dominante, cioè di quella ristretta cerchia di privilegiati identificabile nei novelli usurai internazionali e nelle lobby delle multinazionali europee ben visibili e presenti all'interno delle strutture di comando di Bruxelles come, per esempio, la “European Round Table of Iindustrialist” dove migliaia di suoi operatori agiscono nell'interesse di colossi quali Royal Dutch Shell, Deutsche Telecom, Thyssen Krupp, Siemens e tanti altri. Sono queste piovre insieme alle grandi banche a dettare l'agenda europea; noi poveri mortali siamo visti soltanto come utili idioti da sacrificare sull'altare del profitto a ogni costo.
Un governo italiano, di qualsiasi colore o con il programma più vantaggioso per i cittadini, dovrà fare i conti con l'azione ricattatoria di chi detiene l'arsenale più ricco di munizioni e abbassare la cresta. Il concetto stesso di libertà umana viene a plasmarsi sulla base delle esigenze di un suddito diventato tiranno: il “mercato”. Esso assicura la libertà, non più uno Stato democratico; anzi, quest'ultimo deve operare al fine che il novello Re non subisca interferenze grazie all'imposizione di nuove regole di condotta. Il neoliberismo ha trasformato lo Stato in un suo braccio armato per difendere e allargare il potere stesso del “mercato”.
La politica è ormai ridotta a servire un etereo sovrano adottando regimi duri e punitivi nei confronti delle persone povere e indifese. Le categorie più deboli sono e saranno sempre umiliate per la loro incapacità di reggere al confronto dell'insensibile e spietato “mercato”. E ciò che addolora è osservare che proprio lo Stato rappresenta il garante di questa condizione di umiliazione per i più deboli. Altro che democrazia, altro che uguaglianza nella partecipazione politica, altro che equa distribuzione delle risorse; ormai ci siamo incamminati lungo la via del “fascismo finanziario” che rende schiavi ognuno di noi attraverso il debito. Sì, è proprio così, ogni essere umano nasce e vive sul principio assurdo della creazione di moneta a debito.
E' tutto un grande inganno! Quando riusciremo a svegliarci e comprendere finalmente che l'intero sistema finanziario è basato sul debito? Quando riusciremo a capire la semplice verità che il denaro fisico e virtuale è creato dal nulla dalle banche centrali e da quelle commerciali completamente estranee e indipendenti dalla volontà della stragrande maggioranza delle persone?
Poniamoci alcune elementari domande.
Per quale incredibile ragione una struttura indipendente dalla volontà e dal controllo dello Stato (leggasi Banca), cioè da tutti noi, ha il diritto esclusivo di emettere dal nulla la moneta denominata euro? Per quale ragione i tartassati contribuenti italiani, così come gli altri cittadini della zona euro, sono costretti a restituire denaro creato dal nulla proprio in un momento in cui i poveri aumentano sempre di più; denaro peraltro che ritorna all'origine, cioè alla banca che ha prodotto come un illusionista quei soldi dal nulla? Vogliamo capire che dietro l'euro niente esiste se non la fiducia di coloro che utilizzano quel bene per indebitarsi? Vogliamo capire che questo diritto dato alla Banca Centrale di stampare dal nulla la moneta è stato concesso dai politici prezzolati senza neanche interpellare il popolo?
E allora faccio una domanda che già indicai in un mio scritto di oltre tre anni fa (Svegliamoci!). Visto che tutto parte dal nulla quale danno ci sarebbe per la banca centrale se il debito fosse azzerato? Bene, la risposta è di una disarmante semplicità: Nessuno! Nessun danno ci sarebbe poiché i soldi creati dal nulla ritornerebbero alla loro condizione originaria, cioè il nulla.
Riporto alcuni passi del mio libro “Svegliamoci!” realizzato a gennaio del 2015:
“Dobbiamo smetterla di percorrere la strada costruita dagli usurai internazionali. Non ci siamo ancora accorti che attraversarla significa pagare un pesante pedaggio? Vogliamo capire che diminuire il debito pubblico avendo perso la sovranità monetaria è possibile soltanto attraverso la diminuzione della ricchezza prodotta? Cercherò di essere ancora più chiaro. Il debito nasce e si sviluppa progressivamente a costo zero per il creditore originario, cioè la banca Centrale che ha prodotto denaro dal nulla. La ricchezza per nascere, svilupparsi e crescere ha necessità di continui interventi materiali posti in atto dagli esseri umani. Ora, quali sono gli strumenti attraverso i quali si realizza il travaso di ricchezza dal popolo alle banche? Facilissimo, sono le tasse!
Questo fa sì che ci sia il trasferimento di ricchezza dalle persone agli squali in giacca e cravatta, cioè a quella categoria elitaria che senza pagare alcunché indebita l'intera collettività prestando il denaro nel momento dell'emissione, per un ammontare pari alla moneta in circolazione. Come facciamo a non comprendere che la creazione di ricchezza è un valore che deriva dal lavoro umano, dall'impegno, dalla volontà, dall'ingegno; mentre il valore della moneta deriva soltanto dal poter essere accettata dalle persone per realizzare necessità future. Insomma, è soltanto la possibilità di fare una spesa ad assegnare valore alla moneta. Se lasciassimo i banchieri soli soletti nella loro torre di avorio a stampare quattrini, alla fine avrebbero solo bigliettini colorati per nutrirsi , visto che non avrebbero prodotto alcuna ricchezza.
Inoltre, non si deve assolutamente dimenticare che con l'attuale composizione del debito e con elevate imposte risulta del tutto elementare capire che ogni cittadino ha minore reddito , quindi meno soldi a disposizione; pertanto, deve indebitarsi per far fronte alle varie esigenze della vita. Cosa ne deriva? Semplice, che per tentare di diminuire il debito dello Stato si incrementa il debito dei privati in un'ulteriore giostra diabolica che ha come unico risultato lo spostamento di passività, ancor più dannoso, verso famiglie e imprese.
Ciò che stanno facendo i banchieri e burocrati europei grida vendetta, eppure nulla si vede all'orizzonte.
Si dovrebbe percorrere una differente strada, quella utile al popolo; riconquistare la piena sovranità monetaria, avere una moneta di proprietà del popolo, ridurre le tasse, mantenere equa ed efficiente la spesa sociale, emettere nuovo denaro per ricomprarsi il debito pubblico e così mandare a quel paese le rovinose logiche dei mercati finanziari.
Ma quando faremo entrare nelle nostre teste che uno Stato sovrano non ha necessità di emettere quantità industriali di titoli di debito per finanziarsi? Sarebbe sufficiente pigiare i tasti di un computer per accreditare al Ministero del Tesoro i soldi utili al fabbisogno senza pagare un centesimo di interessi agli usurai. In sostanza, eliminare il debito pubblico rappresenta una normale operazione contabile.
Esempio; in un'Italia ritornata sovrana della propria moneta la sua banca centrale, pubblica e con le funzioni tipiche di un'agenzia governativa, potrebbe acquistare tranquillamente titoli del debito pubblico inserendoli nel proprio bilancio, tenerli fino alla naturale scadenza e rinnovarli sino a quando riterrà conveniente per l'economia del Paese. Ovviamente questo debito verrebbe acquistato inserendo nel circuito finanziario equivalente massa monetaria, cioè lire (l'euro a quel punto l'avremmo già salutato) create dal nulla. Si comprende benissimo che questa massa monetaria ritornerà nella pancia della Banca Centrale Italiana quando i titoli saranno rivenduti. E se a quel punto la stessa Banca Centrale decidesse di non rivendere i titoli del debito pubblico? Se decidesse addirittura di cancellarli dal proprio bilancio con un semplice tratto di penna? Quali catastrofi si verificherebbero? La Banca Centrale Italiana fallirebbe perché non ha più l'attivo costituito dai titoli di Stato e il passivo sarebbe di gran lunga maggiore?
Ma quando mai! Non succederebbe nulla! Perché?
Perché una Banca Centrale anche se si trovasse nella condizione in cui le passività superano le attività non potrà mai correre il rischio di fallire, di essere insolvente. Semplicissimo, perché ad essa è stata assegnata dallo Stato, in qualità di prestatore di ultima istanza, il corso legale e forzoso sulla moneta, cioè il potere di creare dal nulla tutti i mezzi legali di pagamento a un costo quasi vicino allo zero. La funzione di una Banca Centrale (realmente pubblica) di uno “Stato Sovrano” è quella di essere il pagatore senza limiti di ultima istanza poiché il denaro viene creato dal nulla e al nulla ritorna qualora così fosse deciso. Quindi, ridurre il debito pubblico è possibile senza tanti drammi persino dall'attuale Banca Centrale Europea che alcun danno ne riceverebbe; anzi, vi sarebbe l'immediata diminuzione degli interessi con la logica conseguenza che si andrebbero a evitare le manovre di austerità basate essenzialmente sull'aumento delle tasse e sulla riduzione della spesa sociale.
Non mi stancherò mai di ripetere che il debito di uno Stato detenuto dalla sua Banca Centrale o di un qualsiasi altro ente a controllo governativo è solo una posta contabile che evidenzia una passività di una componente dello Stato verso un'altra; se consolidassimo i rispettivi bilanci avremmo saldo zero.
Conclusione, lo Stato deve dei soldi a se stesso; pertanto nulla è dovuto ad alcuno.
Ma poi, non è quello che ha fatto recentemente la Gran Bretagna in gran segreto? Eliminare la quota del debito in mano alla Banca d'Inghilterra attraverso la sostituzione di titoli con sterline.
Si pensi a quanto descritto su Businessinsider.com il quattordici ottobre 2012: un operatore finanziario di Londra ha affermato come la Banca d'Inghilterra, che ha già acquistato quasi un quarto del debito pubblico inglese, invia semplicemente al macero i titoli informando il governo britannico che non deve più nulla.
Si pensi all'articolo sul Telegraph del quattordici ottobre 2012 dove vengono citati ricercatori del Fondo Monetario Internazionale che hanno dimostrato matematicamente: se lo Stato stampasse moneta sufficiente per togliere di mezzo sia il debito pubblico che il credito bancario il prodotto interno lordo, il reddito e altri dati sensibili si manterrebbero su valori ottimali.
Si pensi agli stessi articoli sul Financial Times e Wall Street Journal del quattordici e diciassette ottobre 2012 dove si fa intendere come la Gran Bretagna sia stata tentata dal percorrere questa via di una logica elementare, seppur osteggiata da chi non vuole che il debito degli stati si riduca. La domanda è sempre quella: chi ci guadagna dall'applicazione di questo sistema insensato basato sul debito? Gli usurai o banchieri per utilizzare un termine più elegante.
Chi fa credere al popolo che sostituire titoli di debito con denaro produce una mortale inflazione mente sapendo di mentire, poiché questo scambio di attività (titoli contro denaro) non può produrre inflazione visto che i soldi lo Stato li ha già utilizzati e non andrebbero ovviamente a incrementare la spesa pubblica. D'altronde stiamo parlando di operazioni contabili; semplici giri di posta che non producono la nuova creazione di moneta. Anche la Federal Reserve ha compiuto analoghe movimentazioni dopo la crisi del 2008. E chi sono questi mentitori? I sacerdoti del dio denaro con la potenza dei mass media da loro controllati e tutti coloro che girano intorno a questo mondo come economisti, politici, esperti, giornalisti, burocrati, tutti incantati dal canto frusciante di colorate sirene ammaliatrici. Sono questo soggetti che hanno inculcato nelle nostre menti il diabolico principio che uno Stato Sovrano pur potendo creare la moneta se la deve far prestare pagandoci pure gli interessi. Un'assurdità che però ha fatto e continua a fare arricchire la classe elitaria”
Questo scrissi oltre tre anni fa. Purtroppo, diversi popoli stanno provando sulla loro pelle la subdola azione del “fascismo finanziario”, cioè di quella dottrina neoliberista che rende schiavi con le catene del debito.

Alfred B. Revenge




lunedì 19 febbraio 2018

"Carponi e senza Mutande"

Stanotte ho avuto una visione celestiale che ha resuscitato per un attimo quella speranza ormai scomparsa da tempo. Un angelo con tanto di ali piumate mostrava una scena inedita per noi italiani; la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron si recavano in pellegrinaggio a Roma per incontrare il primo ministro italiano e rassicurarlo sul fatto che qualunque fosse stato l'esito delle elezioni nei loro rispettivi Paesi alcun governo sarebbe nato con la volontà di contrastare gli interessi politici ed economici dell'Italia.
Questo innovativo viaggio onirico subiva una brusca interruzione dall'improvvisa accensione della televisione magicamente sintonizzata su un canale dove si annunciava una speciale rassegna stampa:
-Il primo ministro italiano Gentiloni del partito democratico vola a Berlino per incontrare la Merkel e rassicurare l'Europa che “non c'è nessun rischio che l'Italia abbia un governo su posizioni populiste e antieuropeiste” (fonte: Corriere della Sera, articolo del 17 febbraio 2018).
-Il leader del centro destra Silvio Berlusconi vola a Bruxelles per incontrare Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, elogiare la Merkel e “riconquistare la riabilitazione europea” (fonte: La Stampa, articolo del 23 gennaio 2018).
-Il candidato premier del movimento cinque stelle Luigi Di Maio prima vola a Londra per “tranquillizzare” banche e banchieri internazionali e poi dichiara alla Link Campus University di Roma “basta con l'euroscetticismo, l'Unione Europea è la casa del movimento cinque stelle” (fonte: Corriere della Sera, articolo del 30 gennaio 2018. La Stampa, articolo del 6 febbraio 2018).
E che diavolo! Ancora una volta alcuni tra i principali esponenti politici italiani se ne fregano di ciò che decideranno gli italiani e vanno dai potenti di turno mettendosi carponi e senza mutande a chiedere una sorta di lasciapassare per governare. Ma allora, perché spendere soldi per mandare al voto decine di milioni di italiani? Che necessità esiste di prendere per i fondelli il popolo annunciando programmi economici assolutamente irrealizzabili per via dei vincoli europei? Davvero si pensa che i burocrati di Bruxelles guidati da Germania e Francia, novelle potenze coloniali, prenderanno in esame iniziative quali la flat tax (peraltro palesemente ingiusta visto che applicherebbe la stessa aliquota irpef sia per l'artigiano che per il grande imprenditore. Sai che gioia per un semplice impiegato che guadagna mille e cinquecento euro al mese sapere che pagherà la stessa percentuale di tasse del gran riccone che guadagna dieci o venti volte di più) o il reddito di cittadinanza o aumenti della pensione minima o qualsivoglia altro vantaggio per il popolo italiano? Ma davvero si pensa questo? Abbiamo già dimenticato che la Commissione Europea grida di matto e minaccia l'apertura di una procedura di infrazione appena l'Italia sfora di due o tre miliardi di euro? E nel prossimo futuro dovrebbe dare l'ok a manovre che richiederebbero decine se non centinaia di miliardi di euro? E' solo tanto fumo che si getta davanti agli occhi della gente per non mostrare la cruda realtà della politica neoliberista che ha come suo killer spietato la moneta unica.
Sono tutte chiacchiere, nessuna politica economica e fiscale seria può essere intrapresa senza disporre della piena sovranità monetaria. E noi italiani non l'abbiamo, punto e basta.
Sembra che i nostri coraggiosi politici abbiano dimenticato la mannaia del pareggio di bilancio inserita da loro stessi nella Costituzione che costringerà la nazione a manovre sempre più soffocanti. I poveri, tra assoluti e relativi, sono già -secondo l'Istat- di circa dieci milioni; a che cifra si vuole arrivare?
L'amara realtà è che l'Italia è soggetta alla volontà dell'asse dominante in Europa, quello franco-tedesco. Il prossimo governo italiano, qualsiasi colore abbia, ubbidirà passivamente ai diktat di Berlino e Parigi e delle loro succursali di Bruxelles (Commissione Europea) e di Francoforte (Banca Centrale Europea).
Alcuni giorni fa scrissi il mio pensiero sul fascismo: “Io penso che il fascismo rappresenti molto di più che la semplice rappresentazione di una destra legata al periodo storico di Mussolini; il fascismo è l'ideologia della violenza, la manifestazione di una condizione mentale sia della singola persona che di una intera collettività idonea a inchinarsi al potere della degradazione. Il fascismo non è un'ideologia settaria, bensì una visione del mondo figlia di quella deviazione etica che vede nella conquista del potere e nel suo esercizio lo strumento più efficace per incatenare la libertà di pensiero. Il fascismo ha come fine ultimo il controllo delle coscienze attraverso la soppressione dei principi morali superiori.”
Quello che si vede esercitato dalla élite finanziaria e politica è la moderna e più subdola forma di fascismo, eppure sembra che nessuno se ne accorga. Davvero si può pensare che l'Italia sia una democrazia? Davvero si pensa che esista uno Stato amministrato secondo regole democratiche, secondo la volontà del popolo? Chi pensa questo è un illuso. Nel passato anche recente abbiamo sentito frasi come “difesa dei valori democratici”, “promuovere un voto democratico”, “esportazione della democrazia” e altre analoghe. Tutta una grande menzogna; in Italia, così come negli altri Paesi così detti democratici, il popolo non ha mai governato, ha soltanto scelto passivamente chi dovesse farlo. Forse, millenni fa, questa forma di governo si attuò concretamente in Grecia quando la gente, con esclusione delle donne e degli schiavi, decideva e votava sui singoli problemi. Allora si poteva parlare di vera democrazia, cioè dell'effettivo esercizio del potere da parte del popolo. Per il resto, i governi democratici sono stati solo una presa in giro per le comunità. Quando il popolo di uno Stato “democratico” come l'Italia ha potuto manifestare il suo potere di scelta? Mettendo un'anonima crocetta su un disegnino partitico rappresentato in un foglietto di carta? A dire il vero questo rappresenta il nulla. Pensateci bene. Il cittadino italiano quando vota non determina quale politica economica, sociale o estera adottare; sceglie semplicemente dei deputati che dovrebbero rappresentare la sua volontà, il suo pensiero. I cittadini votano i politici definiti di volta in volta di destra, di sinistra o di centro che, in teoria, sostengono iniziative in linea con quelle che vorrebbero. Ma quando mai! Questo processo di trasferimento del volere popolare ha trovato una sua applicazione solo nei sogni degli italiani. Alcuni freni connaturati alla mene umana hanno sempre impedito agli eletti di agire secondo la desiderata dei propri elettori. Un esempio? La corruzione. Nel caso di una democrazia diretta qualora il popolo prendesse una decisione errata la responsabilità sarebbe soltanto la sua; altresì, se a prendere la decisione fosse un delegato del popolo chi garantirebbe che si adeguerà alla volontà dei suoi rappresentati? Il delegato potrebbe tranquillamente favorire politiche in contrasto con il volere di chi l'ha nominato. Insomma, l'elettore sarebbe tradito dall'eletto. I sostenitori del sistema democratico potrebbero replicare a questa osservazione sostenendo la tesi che l'elettore avrebbe sempre lo strumento del voto per sostituire il rappresentante corrotto. Questa è solo una grande mistificazione. La realtà storica ha dimostrato come il voto popolare mai sia riuscito a intaccare la corruzione. La ragione di questo fallimento? Bene, innanzi tutto il cittadino in Italia vota soltanto ogni cinque anni e sceglie soggetti già decisi dalle segreterie dei partiti; quindi, non solo non detiene il potere diretto di decidere sulle questioni nazionali, ma non ha neanche il potere di controllo sull'operato di chi governa. Se per un periodo così lungo il popolo non fosse in grado di fare nulla nel caso i propri delegati lo ingannassero, a cosa servirebbe aver votato? D'altronde, cinque anni sono tanti nella vita politica e le sollecitazioni di lobby, élite e multinazionali sono lì pronte a destare l'avido interesse dei governanti di turno. A quel punto il denaro avrà compiuto la sua missione, le radici del corrotto si saranno rafforzate all'interno dell'apparato governativo e un'eventuale rivelazione pubblica del marcio implicherebbe scarse complicazioni. Inoltre, rammentiamo quanto sia istituzionalizzata l'arma del ricatto attraverso la sistematica opera di denigrazione nei confronti dei personaggi poco graditi alla élite. La democrazia vera, tranne alcuni casi, non ha trovato nella storia dell'uomo una sua reale applicazione perché la forza del denaro esercitata dai suoi sacerdoti è risultata sempre prevaricatrice di ogni altro principio. Basta ricordare come la classe politica e di governo sia soltanto il braccio operativo di un sistema capitalistico capace di comprare qualsiasi cosa, compresa l'anima dell'uomo.
Io penso che chiunque vinca in Italia le prossime elezioni dovrà mettersi carponi e senza mutande davanti a chi deciderà le nostre sorti con la consueta frase: “così vuole l'Europa”. Chissà, forse alla fine saremo così ricordati: “Gli italiani, generosissimi in tutto, non sono generosi quando si tratta di pensare. (Gadda)”


Alfred B. Revenge


mercoledì 14 febbraio 2018

Saviano: “Il fascismo è tornato in Italia”

L'undici febbraio è uscito sul “TheGuardian” un articolo a firma di Roberto Saviano dal titolo “Fascism is back in Italy and it's paralising the political system”.
Secondo Saviano i partiti di destra e di sinistra non vogliono che si parli dell'azione violenta compiuta a Macerata il tre febbraio da Luca Traini finita con il ferimento di sei migranti e partita dopo il tragico evento che ha visto una ragazza italiana uccisa e fatta a pezzi da un gruppo di nigeriani. Questo perché, sempre per Saviano, tutti “hanno paura di alienarsi un elettorato sempre più xenofobo”.
Francamente trovo deplorevole il tentativo dello scrittore di incolpare collettivamente gli italiani per i recenti fatti di Macerata. Inoltre, il suo semplicistico ragionamento evidenzia il totale disinteresse verso le domande degli Italiani tese a ottenere risposte adeguate agli effetti dell'immigrazione di massa. Per non parlare del fatto che la notizia ha ricevuto, in realtà, ampio risalto mediatico e partecipativo.
Per Saviano il “fascismo è tornato in Italia” generando un'ondata di xenofobia. E l'autore di “Gomorra” sarebbe giunto a questa conclusione da ciò che lui stesso definisce “l'unico attacco perpetrato da un italiano contro stranieri.”
Che strano, un episodio di grave violenza compiuto da un italiano contro alcuni migranti è stato in grado di smuovere la sensibilità del noto scrittore al punto da convincerlo sull'esistenza di una diffusione virale dell'ideologia fascista. Altresì, i numerosi atti di prevaricazione e brutalità compiuti da immigrati nel nostro Paese non sono stati sufficienti a destargli una se pur minima riflessione critica sulle conseguenze sociali di un'immigrazione selvaggia e non controllata.
Nell'editoriale Saviano scrive: “L'odio dello straniero è il risultato di un cocktail letale di cattive politiche, informazioni irresponsabili e crisi economiche”.
Come non dare ragione al famoso concittadino. Certo che nasce l'avversione verso coloro che, entrati irregolarmente nel Paese grazie a politiche scellerate, si macchiano di reati gravissimi verso donne, anziani, bambini e disabili; d'altronde, è da anni che si apprende di atti criminali legati agli istinti più beceri di esseri spregevoli e senza onore. Siamo riusciti persino a importare nuovi tipi di organizzazioni mafiose come, per esempio, quella nigeriana. Non ci bastavano le nostre classiche mafia, camorra, ecc., ora abbiamo anche quelle di importazione.
A dir la verità l'italiano è contro lo straniero criminale così come quello di casa e non vuole essere preso in giro; l'immigrazione è un fenomeno positivo per lo sviluppo di una nazione, ma quello regolato e disciplinato. Coloro che insultano i critici, come me, del fenomeno immigratorio di massa non riescono a comprendere che non esiste un'ostilità precostituita verso chi proviene da Paesi più poveri, bensì solo il buon senso che fa intuire la pericolosità di far entrare chiunque senza una preventiva politica regolatrice dei flussi associata a doverosi controlli. Ho sempre sostenuto che tra gli artefici di quanto sta accadendo ci sono quelli che spingono esseri umani a partire dalla propria nazione per inseguire l'illusione di una vita migliore che difficilmente si realizzerà. L'Italia è vista come una sorta di bengodi dove tutto si può ottenere con estrema facilità, dove esistono solo diritti e alcun dovere. E la responsabilità principale su questa condizione è di coloro che, per interesse, hanno fatto credere a tanti che nel Bel Paese tutto è concesso, tutto è possibile e che la legalità o il rispetto verso la donna o la proprietà altrui siano banali optional. Non si possono difendere i migranti quando commettono reati ignobili affermando che anche gli italiani lo fanno, è una squallida semplificazione che porta soltanto ad alimentare odio su odio.
E in tutto ciò il fascismo o la xenofobia o il razzismo non c'entrano proprio nulla.
Ricordo un articolo sul “Fatto Quotidiano” del venticinque giugno 2017 in cui si indicava come “l'Italia si è trasformata in un'importatrice di associazioni criminali straniere” così come denunciato dalla Direzione Nazionale Antimafia. E la porta aperta all'immigrazione incontrollata non fa altro che favorire e potenziare lo sviluppo di queste nuove organizzazioni alimentando il circuito della paura nelle persone.
Saviano dice che “il fascismo è tornato in Italia” per via dell'episodio di violenza perpetrato a Macerata da un italiano contro alcuni migranti. Tutto qui? Davvero è giunto a una tale drammatica conclusione analizzando un singolo fatto di cronaca? Mi nasce spontanea una domanda: ma cos'è il fascismo per Roberto Saviano? Non essendo un intellettuale radical-chic come l'illustre saggista credo che mai riceverò risposta, tuttavia proverò con i miei modesti mezzi a darne una brevissima interpretazione. Io penso che il fascismo rappresenti molto di più che la semplice rappresentazione di una destra legata al periodo storico di Mussolini; il fascismo è l'ideologia della violenza, la manifestazione di una condizione mentale sia della singola persona che di una intera collettività idonea a inchinarsi al potere della degradazione. Il fascismo non è un'ideologia settaria, bensì una visione del mondo figlia di quella deviazione etica che vede nella conquista del potere e nel suo esercizio lo strumento più efficace per incatenare la libertà di pensiero. Il fascismo ha come fine ultimo il controllo delle coscienze attraverso la soppressione dei principi morali superiori.
Quanti regimi fascisti, di destra o sinistra, si sono succeduti nel mondo. Il colore politico non significa nulla; le azioni concrete sono quelle che contano. Fascista è un'associazione criminale, un'ideologia religiosa che discrimina i diversi e le donne, un individuo che utilizza la violenza per dominare un suo simile.
La stragrande maggioranza degli italiani non è fascista, non ha un'avversione indiscriminata verso chi proviene dall'estero; io penso, invece, che si è semplicemente stancata di assistere al degrado sociale, economico e culturale della propria casa.
Chissà, forse un giorno si leggerà sul “The Guardian” un articolo di Roberto Saviano dal titolo: “L'italofobia è tornata in Italia”.

Alfred B. Revenge