Non passa giorno senza
notizie incredibili fornite dalla nostra classe politica.
Tre giorni fa Paolo
Gentiloni, presidente del consiglio dei ministri, e Pier Carlo
Padoan, ministro dell'economia, hanno esultato per il contenuto della
lettera sui conti pubblici italiani appena ricevuta da Valdis
Dombrovskis e Pierre Moscovici, rispettivamente vice presidente della
commissione europea e commissario agli affari economici. Su tutti i
mass media è stato sottolineato dai nostri massimi rappresentanti:
“E una buona notizia.”
Davvero? Meravigliato da
una tale scoppio di generosità da parte della commissione europea mi
son preso la briga di trovare il testo di questa lettera per godere
anch'io di tanta munificenza.
In pratica i commissari
europei hanno risposto a una richiesta del nostro ministro Padoan di
correggere i conti 2018 con una percentuale più contenuta rispetto
al Pil in nome della flessibilità.
Devo confessare,
purtroppo, che ho fallito nel tentativo di condividere il piacere
evidenziato dai politici e media. Pazienza, sarà la mia cronica
incapacità di chinarmi per agevolare l'ingresso a chi tenta di
spacciare l'inganno come impegno nobile verso il popolo.
Ma quale buona notizia.
La lettera è un concentrato di arroganza e sopraffazione mascherato
dal consueto linguaggio criptato di tecnocrati-banchieri. Per non
portarla alla lunga, i commissari (mai eletti dalla gente) affermano
che vi sarebbe una disponibilità di venire incontro alla richiesta
italiana purché non si alteri l'obiettivo della parità di bilancio
(presente nel letale accordo che porta il nome di “Fiscal Compact”)
e che venga assicurata (si noti il termine) la riduzione del debito
pubblico e della spesa primaria.
Ma come? Renzi e compagni
dichiarano di voler mandare in naftalina il “Fiscal Compact”
eppure tra la commissione europea e il nostro ministero economico si
parla apertamente dell'obiettivo primario della parità di bilancio.
D'altronde, l'ordine impartito nella lettera con le “buone notizie”
è quello di ridurre la spesa primaria, cioè i costi sostenuti dallo
Stato per coprire i bisogni primari dei cittadini: istruzione,
sanità, welfare e assistenza. Quindi, in soldoni; i generosi
commissari di cui neanche conosciamo i volti dicono che potrebbero
valutare di donarci una piccola zolletta di zucchero a condizione che
non si sgarri sulle regole base dell'austerità quali, ad esempio, i
tagli vigorosi alla spesa sociale. Per non parlare della riduzione
del debito pubblico che, con una moneta come l'euro basata sul
debito, risulta praticamente impossibile da realizzare se non al
prezzo di privatizzare (cioè svendere ai soliti noti della classe
elitaria) l'intero patrimonio del Paese, compresa l'acqua e l'aria
necessaria alla vita di noi poveri mortali.
Vergogna!
I rappresentanti del
governo italiano continuano a genuflettersi di fronte ai burocrati
europei e tentano di far spacciare per buone notizie persino lettere
che annunciano prossime sventure.
Ma non è finita qui. Per
caso ho letto due giorni fa una notizia apparsa sull'agenzia di
stampa Adnkronos e pochi altri quotidiani che mi ha lasciato di
stucco. Ho cercato di controllare se fosse autentica e mi sembra,
purtroppo, che corrisponda al vero. In sintesi, il ministero degli
interni ha presentato ai rappresentanti delle regioni italiane il
“piano nazionale integrazione per i titolari di protezione
internazionale” che ha come obiettivi:
-bandire espressioni come
“migranti illegali” o “clandestini” in quanto rinforzerebbero
i pregiudizi contro i migranti, alimenterebbero i sentimenti di paura
e insicurezza gettando una luce negativa sull'accoglienza,
ostacolerebbero il processo di integrazione favorendo i conflitti
sociali
-realizzare un percorso
anche di tipo formativo che giunga a realizzare un islam italiano in
un Paese dove regna la libertà di culto
-l'affermazione del
concetto che i migranti consentono il pagamento delle pensioni agli
italiani per cui dovrebbero ottenere priorità nell'assegnazione di
lavoro e di case popolari.
Se davvero il governo
intendesse far approvare un documento del genere allora bisogna
giungere alla conclusione che l'impazzimento è giunto al punto di
non ritorno.
Da un lato si vuole
stuprare la lingua italiana censurando termini chiari che
identificano con precisione un problema, dall'altro si vuol costruire
una forma di intolleranza e discriminazione verso gli stessi
italiani. Noi tutti, cittadini del Paese culla della cultura
occidentale, dobbiamo dire grazie ai migranti per i soldi delle
pensioni e farci da parte per favorirli nel lavoro e la casa. Noi
Italiani dobbiamo metterci in un angolino e accettare un'involuzione
sociale ed etnica imposta da coloro che abbiamo eletto quali nostri
fedeli e integerrimi rappresentanti.
Ci sarebbe da scoppiare
in una gran risata se non fosse così maledettamente drammatico e
vergognoso constatare l'applicazione di una forma di razzismo
governativo a danno degli italiani.
Mi stanno sorgendo due
atroci dubbi.
Il primo, ma non è che a
una buona parte di noi piace questa situazione? Chissà, forse ci
interessa mantenere in piedi questa classe politica perché consente
lo sviluppo di profitti diversamente non realizzabili. Penso al
lavoro in nero, al business dell'accoglienza, alle strutture
alberghiere convertite al nuovo affare, all'incremento delle attività
per le Ong e a tutto quanto giri intorno a questo commercio della
carne umana inclusi i fenomeni legati alla sfera della criminalità.
Il secondo, che alcune
ipotesi recentemente emerse alla ribalta della cronaca non siano poi
così tanto insensate. Ma non è che gli ultimi governi, consapevoli
di tutti i casini che sarebbero emersi con l'applicazione di trattati
come il fiscal compact, si sono mossi con l'intento di far invadere
la nostra Nazione da una marea di “clandestini” per poi andare a
piangere in Europa e dire: Vedete cosa sta succedendo? Siamo in
difficoltà per quest'immigrazione incontrollata dall'Africa, quindi
veniteci incontro per le prossime manovre economiche.
Se così fosse i principi
etici fondamentali sarebbero naufragati nei liquami della più cinica
corruzione morale.
Alfred B. Revenge
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