Ho perso il conto di
quanti provvedimenti legislativi siano stati adottati negli ultimi
decenni in favore del sistema bancario sia in Italia che nel Mondo.
Non credo ci sia altra
entità così coccolata dalla classe prezzolata, cioè quella
composta da politici corrotti o totalmente incapaci e da qualsiasi
altra categoria potenzialmente utile che funge da cinghia di
trasmissione tra la volontà di pochi privilegiati e l'intera massa
del popolo.
A titolo di esempio
osserviamo per un attimo l'ultimo decreto salva-banche dello scorso
dicembre. Ben venti miliardi di euro sono stati stanziati per salvare
gli istituti di credito in difficoltà; si sta parlando di una cifra
pari ad oltre trecento euro a persona, neonati compresi. Ancora una
volta si utilizzano risorse pubbliche per tappare le voragini
prodotte dai responsabili delle periodiche crisi finanziarie. E non
parlo soltanto di coloro che materialmente hanno prodotto il danno,
ma anche di quelle pseudo istituzioni deputate al controllo.
Guardiamo il caso del
Monte dei Paschi di Siena. Sono stati presi quasi nove miliardi di
euro dalle tasche degli Italiani per evitare il crack della banca, ma
sento poche voci alzarsi per far capire l'origine del male. Eppure
non sarebbe così complicato comprendere di cosa si sta parlando,
sarebbe sufficiente ricordarsi operazioni scandalose compiute non
molti anni fa ed oggetto di interesse da parte dei media e della
stessa magistratura. Ricordate l'acquisto da parte del MPS della
banca 121 (già banca del Salento)? Beh, diciamo che rappresentò un
po' il banco di prova di quella che poi fu l'incredibile acquisizione
della banca Antonveneta. In quella circostanza il Monte dei Paschi
pagò 2500 miliardi delle vecchie lire (circa un miliardo e duecento
milioni di euro) una banca con in pancia una montagna di prodotti
bancari rischiosi (i famigerati “My Way” e “4You”) spacciati
ai risparmiatori come piani previdenziali ed in realtà solo
strumenti finanziari utili a far crescere artificiosamente i dati
patrimoniali ed economici della banca salentina. Li ricordate? Oltre
novantamila risparmiatori coinvolti nello scandalo per un importo di
due miliardi di euro, ben superiore alla stessa cifra pagata così
generosamente ai proprietari della banca 121. Per il Monte dei Paschi
di Siena quell'acquisto si rivelò un pessimo affare sia dal punto di
vista economico e sia da quello dell'immagine. Per gli ideatori e
beneficiari dell'intero progetto un eccellente affare.
Rammentate molto bene,
quando si vogliono utilizzare i fondi di una banca per scopi
totalmente diversi da quelli tipici imprenditoriali si fa un
bell'acquisto di un altro istituto, di società estere o di un gran
bell'immobile ad un prezzo decisamente superiore al normale.
Risultato? Una buona parte dei fondi ufficialmente usciti per
l'acquisto si riversano in lidi insoliti, in genere nelle tasche
delle persone che hanno contribuito a programmare l'intera operazione
di compra-vendita; e parlo sia dei venditori che degli acquirenti.
Vecchio trucco nel settore finanziario, ma sempre molto efficace.
E seguendo questo
percorso così redditizio che si arrivò all'operazione che spezzò i
reni al Monte dei Paschi di Siena, cioè l'acquisizione della banca
Antonveneta.
Quello fu l'inizio della
fine. La banca senese acquistò l'Antonveneta dal banco Santander per
una cifra folle, circa diciassette miliardi di euro tra prezzo
ufficiale e accollo di passività.
Ed in quella occasione
tanti bei bonifici verso l'estero partirono da Siena distruggendo le
fondamenta e la ricchezza della più antica banca del mondo.
Ma tutti quei benedetti
quattrini che fine hanno fatto? L'Antonveneta certo non valeva quella
cifra da capogiro. Che necessità c'era di tagliarsi le vene per
acquistarla? E domanda principale. La Banca d'Italia stava in pausa
caffè? Già, la nostra tanto decantata banca centrale lasciava fare
tutto? Ah, quanta enorme ipocrisia; d'altronde non è una novità il
ritardo da parte della gran mamma di coloro che un tempo venivano più
adeguatamente definiti come usurai. Basti pensare al caso incredibile
che portò diversi anni fa allo scandalo della Bipop. Anche in quella
occasione, oltre ad innumerevoli situazioni anomale, ciò che
determinò la crisi fu l'acquisto da parte dell'istituto bresciano
della banca tedesca Entrium per la cifra di due miliardi e mezzo di
euro, poi rivenduta al colosso olandese ING per circa trecento
milioni di euro. Insomma una bella differenza tra prezzo di acquisto
e quello di rivendita. Errore di valutazione? Non scherziamo; mica è
una barzelletta, mica stiamo parlando di sprovveduti operatori
finanziari. Qualcuno una volta disse “a pensare male si fa peccato,
ma spesso ci si azzecca.” E allora io penso a male dicendo che le
crisi bancarie degli ultimi anni sono state spesso generate da
affrettate ed insolite acquisizioni che hanno di colpo impoverito il
compratore (cioè in ultima istanza i risparmiatori e lo Stato), ma
arricchito il venditore che tanta generosità ha poi rivolto verso
chi ha permesso la chiusura dell'affare. Il tutto con la colpevole
cecità della Banca d'Italia e degli altri organi di controllo.
Ed un altro scandalo si
avvicina all'orizzonte, quello che sta proprio in questi giorni
accadendo nella mia città e che riguarda la banca Popolare di Bari.
Qui le notizie rilevabili in rete e sulla stampa indicano una
situazione paradossale. Una piccola banca regionale salita nelle
posizioni alte della classifica nazionale grazie ad una politica di
evidente sostegno da parte della Banca d'Italia. C'era un istituto di
credito decotto? Nessun problema, ecco lì la Popolare di Bari pronta
ad accogliere l'amoroso richiamo della banca centrale per rilevare
l'azienda in crisi. Ed i soldi per sistemare i problemi derivanti
dalla nuova acquisizione? Nessun problema, ecco lì la Popolare di
Bari prenderli dai risparmiatori sotto forma di azioni con una
politica commerciale degna del miglior Houdini. Azioni di una banca
popolare non quotata fatte passare come investimento più liquido dei
Bot a tre mesi. E se il risparmiatore non avesse avuto denaro
sufficiente, ugualmente nessun problema; ecco lì la Popolare di Bari
pronta a finanziare il fortunato di turno con un bel prestito
caricato di convenienti interessi per comprare le pregiate azioni
della stessa banca. E se qualcuno avesse alzato il ditino per dire:
“scusate, ma questo che proponete non è contro la legge”? Beh,
sarebbe stato additato come un ignorante incapace di cogliere le vere
opportunità di investimento proposte dalla Popolare di Bari.
Tuttavia, queste promesse di splendidi profitti sono naufragate sugli
scogli della fredda realtà; e adesso migliaia di risparmiatori
inferociti denunciano e si lamentano per l'impossibilità di
rivendere le azioni, peraltro sensibilmente svalutate dall'oggi al
domani. Ora la magistratura sta indagando e sarebbe interessante
allargare il raggio di azione e capire l'incredibile comportamento
della Banca d'Italia. Infatti, l'organo di vigilanza terminò nel
2013 una lunga indagine ispettiva assegnando un giudizio
sostanzialmente sfavorevole alla Popolare di Bari; tuttavia, qualche
settimana dopo aver messo nero su bianco quella negativa valutazione
incoraggiò lo stesso istituto ad acquisire un'ulteriore banca in
decomposizione, la Cassa di Teramo. A quel punto nuovo aumento di
capitale con ulteriore emissione di azioni da offrire ai malcapitati
di turno. E la banca d'Italia? Mi sembra di poter dire che guardava
scientemente in direzione opposta a quella della tutela del pubblico
risparmio.
Il sistema delle banche,
di cui conosco molto bene l'anima nera, è la più longeva
dittatura in terra. Questa è la ragione per cui risulta estremamente
difficile rendersi conto di ciò che realmente succede intorno a
noi, delle sollecitazioni indotte che giornalmente riceviamo da
chi detiene l'effettivo potere. Il nostro cervello risulta bombardato
da informazioni ben studiate da tempo, da un tipo di cultura basato
su un preciso principio, quello che per vivere abbiamo assoluta
necessità di un bene artificiale più prezioso di qualsiasi altro
esistente in natura, persino più dell'acqua e della stessa aria che
respiriamo, il denaro. Saliamo su un treno il cui macchinista ha
una totale indipendenza, la completa autonomia di portarci dove
cavolo vuole, infischiandosene altamente di quelle che possono essere
le nostre volontà. E questo macchinista, questo reale conduttore
dell'esistenza, rappresenta il più alto concentrato di
potere mai visto sino ad ora nella storia dell'uomo; il potere
costituito dalle conglomerate bancarie. Da molto tempo eleganti
squali vestiti in giacca e cravatta hanno ideato ed attuato un piano
di una semplicità diabolica; interessi attivi continui e
perenni (per loro ovviamente) in cambio della creazione dei più
belli e colorati bigliettini di carta. I prestiti devono
auto-generarsi affinché i Popoli e gli Stati siano costantemente
sotto schiaffo a causa di un immortale finanziamento. I grandi
banchieri si sono arricchiti a dismisura conquistando il privilegio
di emettere moneta e permettendo alle loro stesse creature
di assumere dimensioni superiori a quelle di singole nazioni.
Una semplice riflessione; in quasi tutti i Paesi le ben note banche
centrali hanno ottenuto leggi speciali per determinare, a prescindere
dalla volontà dei cittadini e dei governi eletti, il livello dei
tassi di interesse e della stessa inflazione. E da chi sono guidate
queste entità sovranazionali? Da chi sono controllate? Da soggetti
facenti parte sempre della stessa élite posta in cima alla catena
alimentare, quella degli squali bianchi...ops, piccolo lapsus,
intendevo dire quella dei banchieri. Del resto non credo ci sia molta
differenza; anzi, a volte, provo un senso di comprensione verso il
più caritatevole Carcharodon.
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