In un capitolo del nuovo romanzo che
sto scrivendo ho iniziato a descrivere un personaggio dal cuore ricco
soltanto di puro egoismo e completamente indifferente alla mortale
sofferenza causata dalle sue azioni. Eppure questo individuo spesso è
stato definito dagli storici come un grande mecenate. Allora mi sono
chiesto, sarebbe questa una forma di generosità? Donare denaro,
sponsorizzare l'opera di un artista o riservare parole di circostanza
ai più bisognosi come mezzo per ripulire la propria coscienza?
No! Non può essere. Io penso che la
generosità sia tutt'altra cosa; essa nasce e si sviluppa con la
presenza nell'anima dei sentimenti più nobili, quali l'amore,
l'amicizia, la solidarietà. Può esternarsi solo in presenza della
capacità di utilizzare nel migliore dei modi la propria libertà,
cioè donare liberamente senza secondi fini, senza celare dietro
l'azione del dare l'oscura presenza dell'interesse.
La generosità significa essere
presenti nella storia di altre persone, condividere risorse,
emozioni, preoccupazioni, le stesse sofferenze. Nella società in cui
viviamo si assiste all'evidente fenomeno del primario desiderio di
possedere, di avere per sé un oggetto, una determinata posizione
sociale, persino una persona; tuttavia, io penso che tutto ciò
scaturisca dal radicato senso di paura presente in ognuno di noi.
Certo, possiamo dare soltanto quello che possediamo a condizione,
però, di non essere dominati, di non essere noi stessi controllati
da ciò che di materiale abbiamo. Ecco perché penso che la
generosità sia l'atto più libero in assoluto, ecco perché non può
sorgere da eventuali sensi di colpa o presunte obbligazioni morali.
La generosità è il libero sentimento
capace di creare la vera libertà.
Chissà, forse il percorso che conduce
all'amore più alto è quello indicato dal cartello con la scritta
“Generosità”.
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